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Racconti di viaggio: Vanuatu - Tahiti, in volo attraverso l’Oceano Pacifico
18/11/2016
Racconti di viaggio: Vanuatu - Tahiti, in volo attraverso l’Oceano Pacifico
Isole Vanuatu
Prima di affrontare l’ultima parte del mio viaggio verso
Tahiti
, per me terra incognita, il dubbio era che il grande Oceano Pacifico fosse in qualche modo una ripetizione di splendide isole, forse un po’ simili tra loro.
Nulla di più sbagliato.
Ora che ho terminato la traversata avendo esplorato
Vanuatu
,
Fiji
,
Cook
,
Niue
,
Tonga
e la
Polinesia Francese
, il ricordo che più rimane vivo è la
varietà di situazioni
, paesaggi e genti che ho incontrato in questo viaggio, oltre al fatto che ognuno di questi Stati-arcipelago hanno mantenuto se non
superato le mie aspettative
di viaggiatore/sognatore.
Nella prima tappa ho visitato le
isole Vanuatu
. Purtroppo il meteo non è stato propizio: subito ci siamo confrontati con gli effetti di
El Niño
, con nuvole e pioggia che al nostro arrivo avvolgevano l’isola di
Espiritu Santo
.
A terra ci accoglie un’isola molto diversa dalle Salomone lasciate alle spalle: le Vanuatu sono una specie di
paradiso primordiale umanizzato
, con strade di campagna asfaltate che attraversano grandi pascoli verdissimi, bestiame ben pasciuto che riposa sotto piante secolari e sporadici filari di palme. Le persone, dagli adulti ai bambini, sono
sorridenti e ospitali
, e si ha sempre quella sensazione di
vivere sereno
che già si percepiva nelle Salomone. Oltre agli inglesi qui i colonizzatori sono stati anche i francesi, che per qualche motivo sembra abbiano voluto lasciare più
infrastrutture
: la gente vive con lo
spirito tranquillo
proprio del Pacifico, ma in un contesto a tratti meno primitivo.
A
Espiritu Santu
il mare è come sempre cristallino, con la
barriera corallina
che crea ogni tonalità di blu; la
vegetazione è verdissima
e rigogliosa e arriva fino al mare, lasciando posto solo negli ultimi metri a spiagge dalla
tipica sabbia bianca
e finissima. Da segnalare sicuramente la famosa
Champagne Beach
, bello spicchio di sabbia bianca
incastonato tra due promontori
ricoperti da una densa foresta, da visitare tassativamente al di fuori dei giorni di arrivo delle navi da crociera: immaginarsela piena di vacanzieri da crociera, come ci è stato detto accade, sarebbe stata una cosa completamente diversa!
Le Vanuatu sono anche ciò che è a terra, distese, appunto, di
pascoli verdi
circondati da piante secolari dove si nascondono diversi buchi blu, fenomeni carsici simili ai
cenotes
dello Yucatan e dove l’
acqua dolce
è così limpida da sembrare vetro sopra una
grotta di un color azzurro
quasi fluorescente.
Da non perdere sicuramente è la piccola isola di
Tanna
, forse una delle più belle sorprese di tutta la traversata. Già l’atterraggio sulla pista di
White Grass
ci fa ben presagire: la testata pista, una piccola lingua di asfalto scuro immersa nel verde di una
minuscola e sconosciuta isola
al cospetto dell’immenso Oceano Pacifico, è a
picco sulla scogliera
. Scesi dall’aereo ci accolgono solo il
cinguettare degli uccelli
locali e le
risate dei bambini
.
A Tanna il
White Grass Lodge
, piccola struttura molto graziosa, offre camere non grandissime ma molto confortevoli, e una lounge dove si ha la percezione di luogo in cui incontrare viaggiatori che vengono da lontano;
le poltrone sulla scogliera
che guardano
verso il tramonto
creano il contesto ideale per prendere un
aperitivo
mentre il sole scende su quell’oceano di cui si percepisce la vastità.
Qui si viene per un luogo specifico: il
vulcano Yassur
. Già una volta raggiunte le sue pendici, completamente ricoperte da un manto di
ceneri laviche
e occasionali bombe vulcaniche
, il viaggio sarebbe ripagato; quello che ci aspetta è però oltre ogni aspettativa. Inutile discutere sul fatto che il concetto di
sicurezza
è praticamente inesistente, ma è anche grazie a questo che ci troviamo al cospetto di un vero
spettacolo pirotecnico
che ci trasmette l’enorme potenza della natura: a mano a mano che le luci del giorno si spengono si apprezzano sempre di più i
bagliori rosso vivo
delle
costanti esplosioni
, con
frammenti di lava plastica
che vengono gettati a centinaia di metri di quota. Le
onde d’urto
e di
calore
delle esplosioni più forti riescono a raggiungere i nostri corpi, mentre nell’aria si sviluppano
fontane di lapilli rossi
degne del Capodanno di fine millennio. Rimaniamo
incantati
davanti a questo spettacolo fino a che non siamo trascinati via dalle guide.
Isole Fiji
Lasciando le Vanuatu il salto non è solo spaziale, attraverso un lungo tratto di oceano, ma anche culturale: lasciamo alle spalle i popoli melanesiani e iniziamo a esplorare il
grande universo polinesiano
!
Alle
Fiji
troviamo le caratteristiche
fisionomie
della nuova area in cui ci troviamo, con
corpi forti
e
tendenti all’obeso
, e caratteri somatici usciti da un
quadro di Gauguin
; in realtà i figiani hanno la
pelle più scura
rispetto al resto dei polinesiani perché pare discendano da una prima migrazione di genti dell’
Africa
, e non dell’
Asia
come nel resto della Polinesia. Soprattutto, qui troviamo un
turismo
decisamente più sviluppato: a
Suva
, la capitale, riusciamo persino a trovarci imbottigliati per due ore
nel traffico
del venerdì sera
! Quanto sono lontane le Salomone e la Papua… Ciò non toglie che il
mare sia davvero spettacolare
, e le molte isole un vero
paradiso terrestre
.
I lodge sulle numerose isole sono davvero tanti; per quanto mi riguarda un’ottima opzione è
Qamea
, lontano dal traffico delle isolette nei dintorni di
Viti Levu
, l’isola principale. Già dall’atterraggio si respira quell’aria da
paradiso incontaminato
che, intorno, si è sicuramente persa: nel lodge sono presenti solo 16 chalet, in un
giardino molto curato
dominato da alte
palme da cocco
, ma a rassicurare è soprattutto la sensazione di essere
avvolti
da una piccola famiglia, dove tutti ti chiamano per nome appena arrivato.
Nonostante il
ciclone recente
abbia lasciato delle forti
cicatrici nella barriera
corallina lo
snorkeling
è sempre di grande soddisfazione, con
coralli duri
e
alcionari
di diversi colori che raramente troveremo negli arcipelaghi seguenti. Il meteo di nuovo non è dalla nostra, il piacere di esplorare le isole si riduce.
Ho sentito parlare molto bene anche delle
Yasawa
ma non ho avuto modo di visitarle; rimane comunque il fatto che le
Figi
siano certamente il volto più
civilizzato
,
moderno
e se vogliamo di
lusso
della Polinesia, insieme alle Isole della Società della Polinesia Francese. L’unica differenza è che qui l’
influenza
è
americana
, la è
francese
, a voi la scelta…
Isole Tonga
Altro grande balzo ed eccoci nuovamente di fronte a un volto completamente diverso del Pacifico: le
isole Tonga
. Inutile dire che a far da filo conduttore sono la
simpatia
e l’
ospitalità
della gente, anche se il balzo è stato verso una realtà molto
meno sviluppata
e se vogliamo anche un po’
trasandata
, tipica di situazioni di transizione tra la
primitiva vita tradizionale
e il
mondo moderno
.
Lungo la strada dall’aeroporto al mini molo dove ci imbarchiamo per raggiungere il lodge contiamo decine e
decine di chiese
, di ogni sfumatura di cristianesimo: due rapidi conti e riconosciamo che alcune sono al
servizio di meno di 50
persone.
Passo subito oltre, alle Tonga sono infatti venuto per uno dei motivi trainanti di questo mio sogno:
nuotare con le balene
. L’ho fatto tre volte durante il soggiorno e ho vissuto
tre esperienze
completamente diverse, potenzialmente rappresentative di quello che uno può vivere una volta qui: la prima volta il
mare un po’ mosso
e le
balene non dell’idea
di averci tra i piedi ci hanno purtroppo regalato
solo fugaci apparizioni
dei leviatani dei mari. Intorno a noi c’era la percezione che di balene ce ne fossero comunque molte, tra quella che
navigava rapida
e lontana, quella che
saltava
e ci regalava uno spettacolo da non dimenticare e quella che, furtiva,
compariva
,
respirava
, e poi
spariva
nel blu per almeno 20 minuti.
Ritornati la seconda volta, negli stessi identici luoghi, abbiamo vissuto l’esperienza che sognavamo.
Incalzati dai
marinai
venuti a prenderci, ci siamo mossi rapidi verso il luogo dove avevano appena
avvistato una madre con un piccolo
, che parevano tranquilli. Un avvicinamento cauto, la guida che dall’acqua ci indica di averli
sotto di noi
ed eccoci tutti a galleggiare sulla
verticale di due giganti
apparentemente immobili, avvolti dal blu profondo. Il piccolo è di forse soli
6 metri
, la madre
intorno ai 14
; con il mento lo tiene in immersione immobile per insegnargli le
lunghe apnee
ma questo, con una grazia che non ti aspetti, scivola da sotto il suo controllo e lentamente
risale verso di noi
. Curioso, viene ad osservare gli strani animali sgraziati che gli galleggiano vicino e
ci gira intorno
; quando è ormai quasi
a distanza di contatto
ci avvediamo della madre che, dal fondo, pare venire a richiamarlo a un maggior contegno. Con una manovra di una delicatezza incredibile per le sue
25 tonnellate
riesce a schivarci e a convincere il piccolo a seguirla.
Abbiamo la fortuna di poter ripetere quest’esperienza
quattro volte
, ogni volta cercando invano di seguire pinneggiando
mamma e cucciolo che si allontanano tranquilli
, mentre noi restiamo indietro, affannati.
È incredibile essersi trovati nel
blu profondo
, avvolti dalla
maestosità
e
grazia di tali giganti
del mare, guardandoli negli occhi chiedendoci che cosa pensano di noi. Ci rendiamo presto conto di
quanto fortunati
siamo
quando i due marinai ci spiegano che dobbiamo andarcene perché si è ormai formata la
coda di barche
di turisti come noi, smaniosi di replicare la nostra esperienza. Le balene ora sono in movimento, purtroppo agli altri toccherà il rito delle apparizioni fugaci mentre cercano di rincorrerle. Oggi la
fortuna
ci ha messi davanti alla fila…
Nelle acque della capitale
Tongatapu
, meno protette e meno limpide, viviamo un’esperienza completamente diversa. Qui pare ci siano meno madri con i piccoli, e
più adulti
. Dopo quasi tre ore di rincorse verso diversi esemplari che palesemente
non hanno intenzione
di nuotare con noi, chiediamo, quasi
imploriamo
uno scambio di posizione con un’
altra barca
che per qualche strano motivo è stata invece adottata da un gruppo di cinque balene adulte; ormai soddisfatti, gli altri si allontanano
lasciandoci il passo
. Le balene si riducono solo a tre, ma lo spettacolo è altrettanto soddisfacente: i
tre adulti
, o almeno così ci appaiono viste le loro dimensioni, palesemente vogliono
giocare con noi
e la nostra barca. Silenziosi,
sfilano da sotto
girando le
pance bianchissime all’aria
, avvitandosi e, sempre molto rispettosi della nostra fragilità, dando l’occasionale
sbattuta di pinna
in superficie. Arriviamo al punto di trovare più appagante l’osservazione dei
tre giganti
mentre giocano
da sopra la barca
, senza doverli rincorrere con le pinne.
Lo spettacolo è davvero emozionante.
È palese come spesso vengano a filo barca per guardarci, quasi a invitarci a seguirli nelle loro evoluzioni. Senza alcun fastidio
si lasciano seguire
e proseguono nel coinvolgere la barca
nei loro giochi
, anche mentre si mettono in crociera
verso chissà quale destinazione
. Un ultimo salto fuori dall’acqua, quasi a salutarci, e li lasciamo andare, appagati per un’
esperienza indimenticabile
.
Tirando le somme di queste tre esperienze non posso dimenticare
la prima deludente
, e quindi capire la casualità degli eventi:
se i marinai
della seconda volta non avessero incrociato madre e piccolo mentre venivano a prenderci, non ci saremmo trovati primi della fila;
se le persone
sull’altra barca non fossero state così gentili, non avremmo giocato con i tre adulti.
Ma è successo, ed è stato indimenticabile.
Se come per me le
balene
sono lo scopo del viaggio, la cosa migliore è prevedere
minimo 5 giornate
dedicate
a loro, per far sì che le probabilità di vederle siano
maggiori
e perché, quando va bene, l’emozione è tale che
ripaga
di tante altre deludenti attese.
Certo, fare il bagno con loro
non è da dare per scontato
e garantito al primo tentativo.
Niue
Lasciate le isole Tonga raggiungiamo una
bizzarria del nostro mondo
: sperduta nel mare, sulla nostra prua compare l’
isola-stato di Niue
. Isolata, con
soli 1.500 abitanti
residenti ma quasi 100.000 che vivono tra Nuova Zelanda e Australia, è uno
stato autonomo
, per quanto molto dipendente dalla Nuova Zelanda che, come un grande fratello, veglia su di lei.
Insieme alle isole Cook ci offre la
Polinesia più equilibrata
: il lungo braccio della
Nuova Zelanda
non risulta colonizzatore ma, realmente,
guida
.
Infrastrutture semplici
ma
moderne
, e il carattere da
paradiso del Sud Pacifico
rendono il tutto molto accogliente. La vista dall’unico hotel dell’isola sulle scogliere che si gettano nel
blu cobalto
, bordate alla base da uno
zoccolo corallino arancione
, è molto suggestiva; altrettanto piacevoli sono alcune
grotte lungo la costa
che andiamo a visitare. Non c’è molto altro da fare o vedere; certamente, se dovesse servire, una notte su quest’
isola sperduta
non è buttata via.
Isole Cook
In direzione est, dopo Niue e prima di raggiungere le Cook si aprono circa
600 miglia di oceano aperto
; arrivati, come a Niue il grande fratello neozelandese ha creato una situazione molto piacevole.
Purtroppo causa meteo non abbiamo modo di scoprire e quindi cogliere lo spirito dell’isola di
Rarotonga
, certo la
montagna
ricoperta da un
mantello verdissimo
che si getta nella laguna ci fa rimpiangere il mancato
trekking
per attraversarla, chissà con quali
punti panoramici
verso il mare; per fortuna, proseguendo verso nord riusciamo invece a rubare al meteo alcuni sprazzi di bel tempo che valorizzano lo splendore
della laguna di Aitutaki
, perfetta nelle sue
dimensioni molto fruibili
e nelle sue
incredibili tonalità di blu
e azzurro.
Tutto è piacevole.
Parcheggiato l’
aereo a bordo prato
, il
terminal
dell’aeroporto, una piccola struttura aperta ci accoglie, insieme alla classica
collana di fiori
. La strada che ci porta all’hotel è bordata da
giardini ben curati
, pieni di
fiori
e dominati dalle onnipresenti
palme da cocco
. Soggiorniamo all’
Aitutaki Pacific Resort
, struttura molto bella che ha per unico difetto la vista su un
lembo della laguna
non particolarmente ideale per lo
snorkeling
. Apprezziamo comunque appieno la
bellezza di questo mare
, sia sopra sia sotto il filo dell’acqua, facendo un’
escursione di un giorno
nella laguna, un must per chi viene fin qui: l’acqua presenta colori che passano senza soluzione di continuità dal
turchese quasi fluorescente
alle diverse tonalità di
acquamarina
fino al
blu quasi cobalto
. Banchi di
sabbia corallina
isolati nel blu e piccole
isole disabitate
ricoperte da palme paiono uscite dalla perfetta cartolina dei mari del sud.
Un vero paradiso
.
La Polinesia Francese
Ancora 4 ore di volo sopra il grande Oceano Pacifico ed eccoci raggiungere l’
ultima tappa
, obiettivo di questo grande sogno iniziato nella Namibia.
Prima di atterrare a Tahiti la nostra rotta ci porta a sfilare ai bordi di
Moorea
, e subito rimaniamo affascinati da quest’
isola verde lussureggiante
con
guglie di roccia
e
picchi verdissimi
che si gettano in un mare incorniciato dalla barriera corallina.
Tahiti
, invece, non mi ha entusiasmato: è troppo urbanizzata con le sue strade e i centri commerciali; non farei il giro del mondo per venirla a visitare ma è spesso tappa obbligatoria per chi arrivi con i voli di linea. Moorea, a un tiro di schioppo, assume un altro sapore ed è molto più rilassata e tranquilla. La sensazione aumenta all’aumentare della distanza dalla capitale, su isole quali
Raiatea
,
Tahaa
e
Huahine
: qui tutto torna ad essere
lento
,
paradisiaco
.
Un mondo a parte è
Bora Bora
: indubbiamente il
massimo capolavoro della
natura in quanto a scenografia, per via della
spettacolare laguna color turchese
che avvolge una
montagna molto affusolata color smeraldo
, ha nella notorietà il prezzo da pagare. Impossibile non notare le centinaia di
bungalow over water
che ci seguono mentre navighiamo il periplo dell’isola, e le decine di
imbarcazioni
che incrociamo; insomma, è certamente un vero
paradiso terrestre
ma è anche molto battuto dal
turismo
.
Appagati gli occhi con lo stereotipo della Polinesia fuori dall’acqua (Bora Bora appunto), andiamo a scoprire ed esplorare le
Tuamotu
. Gli
atolli corallini
, piatti, da terra forse non dicono molto, ma quello che c’è di spettacolare è regalato dal
mare
e dal
sapore della vita
dei suoi abitanti. Le
immense lagune corallin
e, lontane dal turismo di massa, offrono un
mare davvero superlativo
.
L’unica struttura di
alto livello
è il
Kia Ora
, a
Rangiroa
, al cui ristorante però ad agosto ci si trova con
decine di coppiette
in viaggio di nozze, molte italiane, tanto da far sembrare di non essersi allontanati da casa.
Nelle altre isole il livello delle strutture scende notevolmente, ma ne guadagniamo in
tranquillità
: a
Fakarava
,
Tikehau
,
Kaukura
e
Mataiva
ci troviamo in
piccole guesthouse
con un
mare da sogno
davanti ai nostri piccoli bungalow e l’
orologio perso
nella valigia. Semplice, ma un vero paradiso.
In acqua scopriamo le
pass
che mettono in comunicazione l’oceano aperto con la laguna e, durante il
passaggio di marea
, ci facciamo trasportare come astronauti senza peso
in balia della forte corrente
, mentre sotto di noi scorrono
pareti di corallo
e tanti pesci, spesso
squali
….
Per chi vuole trovare la pace in un
paradiso marino
, pur nella sua semplicità, queste
Tuamotu
sono certamente il
luogo perfetto
. Per chi non è disposto a rinunciare a determinati
comfort
, allora
Rangiroa
e
Bora Bora sono
il giusto compromesso.
Rientrato
a Tahiti finisco ufficialmente
questo mio grande viaggio,
sogno realizzato
di un pilota/viaggiatore. Nei miei occhi scorrono
centinaia di immagini
, nella mia testa
centinaia di ricordi indelebili
che ho avuto la fortuna di vivere e condividere con altri fortunati come me.
Difficilmente riusciremo a
ripetere
lo stesso viaggio nella sua totalità, ma l’esperienza maturata spero potrà essere sfruttata da altri per realizzare
viaggi su misura
che esplorino alcune delle tratte raccontate in questi miei racconti.
Buon viaggio a tutti!
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